Bordeaux non ama il tappo a vite

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Coppi o Bartali, Inter o Milan, tappo sughero o tappo vite? È passato solo qualche giorno dallo sfogo di Angelo Peretti su queste pagine nei confronti dei tappi in sughero. Di quelli difettosi ovviamente. Non ho ancora capito come sia possibile che un prodotto commerciale come il vino possa essere venduto e soprattutto pagato dal consumatore anche se viziato da un tappo nefasto. Accettereste un’automobile che non frena o un elettrodomestico che non si accende? Pare invece che nessuno si arrabbi più di tanto se una bottiglia, magari pagata anche qualche decina di euro, risulta poi imbevibile.
Proprio pochi giorni fa l’edizione on line del South China Morning Post ha pubblicato un articolo di Jane Anson che ci aiuta a capire come viene percepito il tappo a vite o screwcap che dir si voglia. La giornalista commenta la (per me pazzesca) decisione di uno dei più prestigiosi produttori di Bordeaux, i Domaines Lurton, di sospendere la sperimentazione sulle chiusure alternative e di rimanere sui tappi tradizionali in sughero.
Paradossale scelta avvenuta solo qualche settimana dopo una degustazione verticale di bianchi del 2005 nella quale il Péssac-Léognan Château Couhins-Lurton si era rivelato come la migliore bottiglia. E, sorpresa sorpresa, la bottiglia era chiusa con tappo a vite. Il vino “era eccezionalmente giovane e fresco”, tanto che è stata verificata la bottiglia in quanto si era pensato ad uno scambio di annata.
Il direttore tecnico della cantina, Vincent Cruège, conferma che lo screwcap è ideale per l’invecchiamento dei vini bianchi. Vi potrete chiedere la ragione per la quale la migliore soluzione tecnica viene scartata in favore di una chiusura che si è rivelata quanto meno aleatoria e meno sicura. Semplice. È il mercato che detta legge. Monsieur Cruège afferma che mentre tutte le bottiglie tappate in sughero sono esaurite in cantina, quelle con il tappo a vite sono rimaste ferme perché nessuno le compra. Se siete interessati a farvi uno stock, fatevi avanti, ci sono varie annate disponibili.
Desolante la spiegazione: “Il mercato francese accetta lo screwcap per i vini con breve rotazione. I buyer semplicemente non vogliono prendersi la briga di dover spiegare ai loro clienti finali perché hanno lavorato per vini di qualità più elevata”.
Triste considerazione per una nazione leader nella produzione di vini di fascia alta ed altissima.
La seguente degustazione di altre annate di Couhins-Lurton e di La Lauvière, altra proprietà dei Lurton, ha confermato che nella stragrande maggioranza dei casi il tappo a vite aveva conservato maggiore freschezza ed eleganza nei vini. L’unico accorgimento è quello di lasciare il vino respirare nel bicchiere per eliminare l’iniziale riduzione.
Un importante distributore francese presente alla degustazione ha concordato sulla maggore purezza delle bottiglie con tappo a vite.
La cosa più interessante è la considerazione finale derivata da tutte queste esperienze. Contrariamente al sentire comune, la giornalista crede che i vini di rapido consumo possano anche continuare ad essere imbottigliati con il sughero. Parliamo dei vini che sono bevuti nel giro di uno o due anni al massimo. Magari si possono prendere in considerazione i tappi più tecnici e i conglomerati. La cosa spiazzante è invece che viene decisamente consigliato di tappare a vite i vini più importanti, quelli che devono essere aspettati 10 o 20 anni prima di essere bevuti. E se fosse questa la cosa più logica da fare?
Pensiamoci: se il tappo a vite conserva più a lungo l’integrità e la freschezza del vino, perché mai dovremmo continuare ad utilizzare il più altalentante sughero?
Molto probabilmente ci sono altre considerazioni più complesse che andrebbero analizzate. Ad esempio le differenze produttive sia in vigna che in cantina di questi ultimi 25 anni. Scelte che hanno indotto la stragrande maggioranza dei vignaioli a prediligere vini più densi, alcolici e morbidi. Probabilmente per questi vini il tappo a vite potrebbe essere una interesante soluzione per bilanciare il vino in direzione di una maggiore freschezza.
Alla fine resta l’amaro in bocca (da tappo?) per una scelta apparentemente logica ma che per mille imcomprensibili motivi non si vuole accettare. Dovrà partire da noi consumatori la richiesta di avere più rispetto per il lavoro dei produttori e vini perfettamente conservati. Se aspettiamo i geniali buyer che ci ritroviamo mi sa che continueremo a bere sempre peggio.

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2 comments

  1. Maurizio C.

    Benissimo. Compri quindi maglioni in poliestere, non si rovinano e non faranno pallini.
    Io continuerò con il cachemire.

  2. Mario Plazio

    Mario Plazio

    Ma ha letto l’articolo? Se a lei va bene farsi rapinare, si accomodi pure.

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