Il lavoro e la dignità

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Primo maggio, festa del lavoro, festa dei lavoratori. Per chi il lavoro ce l’ha, ed è già un fortunato. E succede che oggi magari anche chi il lavoro ce l’ha abbia poca voglia di far festa. Perché non arriva a fine mese, perché è sottopagato, perché è precarizzato, perché non ne ricava dignità umana prima ancora che economica. Ecco, primo maggio, festa del lavoro, è giorno di riflessione. Deve esserlo. Sul lavoro, sulla dignità che dal lavoro dovrebbe pervenire alle persone.
Si rischia di cadere nella retorica, parlandone. Invece di retorica non ne serve, quando si parla del lavoro, oggi. Allora credo che l’unico contributo possibile, oggi, sia quello, appunto, della riflessione. Per riflettere, per dare un contributo a riflettere, riporto alcune delle parole che papa Francesco ha pronunciato nel novembre dell’anno scorso quando, a Strasburgo, parlò ai parlamentari europei. Alcune righe del suo intervento. Eccole.
“Effettivamente quale dignità esiste quando manca la possibilità di esprimere liberamente il proprio pensiero o di professare senza costrizione la propria fede religiosa? Quale dignità è possibile senza una cornice giuridica chiara, che limiti il dominio della forza e faccia prevalere la legge sulla tirannia del potere? Quale dignità può mai avere un uomo o una donna fatto oggetto di ogni genere di discriminazione? Quale dignità potrà mai trovare una persona che non ha il cibo o il minimo essenziale per vivere e, peggio ancora, che non ha il lavoro che lo unge di dignità? Promuovere la dignità della persona significa riconoscere che essa possiede diritti inalienabili di cui non può essere privata ad arbitrio di alcuno e tanto meno a beneficio di interessi economici”.
Credo ci sia poco da aggiungere. Piuttosto, c’è da fare.