La responsabilità sociale del vignaiolo

vigne_verdi3_240(jura)

Una quindicina di anni fa andava molto di moda il tema della responsabilità sociale d’impresa. Ne parlavano un po’ tutti, nell’industria e nella finanza. Poi abbiamo visto com’è andata a finire. Purtroppo.
Però da qualche tempo c’è un settore nel quale la rilevanza sociale dell’attività economica si sta facendo oggetto di una sensibilità sempre più attenta, a tratti perfino puntigliosa. È il settore vitivinicolo. Che è un settore economico a tutti gli effetti, sia chiaro, perché chi fa uva o vino, li fa per guadagnarci qualcosa, anche se nel lavoro ci mette tutta la poesia che volete (e con la poesia non ci si mangia mica).
Ampia parte del dibattito attuale sul vino è, alla fin fine, di stampo etico, e comunque sociale. Basti pensare alla discussione sull’uso degli erbicidi o dei prodotti fitosanitari, che hanno un impatto, appunto, sociale, oltre che ambientale.
Ma si va facendo avanti anche una nuova sensibilità, quella verso la conservazione delle biodiversità, che secondo alcuni le monocolture viticole rischiano di mettere a repentaglio. Anche questo ha un impatto ambientale e sociale, come lo hanno i disboscamenti e i lavori di movimento terra che sono funzionali all’impianto di nuovi vigneti.
Anche le condizioni di lavoro di chi sta in vigna sono sotto la lente d’ingrandimento, ad esempio con le varie inchieste che si sono succedute nei mesi passati sul tema del caporalato.
La stessa diatriba sui vini cosiddetti “naturali” ha presupposti eminentemente etici, e dunque sociali.
Ovvio che il tema sociale sia al centro delle preoccupazioni sul consumo degli alcolici, da cui è scaturita quella fobia proibizionista che ha ingenerato una considerevole disaffezione anche allo stesso utilizzo conviviale del vino (e personalmente ci vedo una ricaduta sociale, ma in negativo, anche in questo effetto, ma la questione merita ben altre trattazioni).
Credo che la prossima frontiera potrà essere il consumo delle acque necessario ai fini viticoli, o comunque qualcosa d’altro si inventerà.
Nel contempo, in molte zone d’Italia ai vignaioli è affidato il ruolo di custodi del territorio, della conservazione degli spazi verdi rimasti indenni dall’assalto urbanistico nei decenni trascorsi.
Ecco, la responsabilità del vignaiolo si sta facendo argomento indirettamente sempre più sensibile. Credo ci si debba riflettere. Intanto, ho buttato giù, di getto, questi primi appunti.


3 comments

  1. Claudio Fiori

    Indubbiamente ai “vignaioli” è affidato il compito di tutelare il territorio, peccato che non lo fanno (e basta farsi un giro nella zona del prosecco DOC) poiché non pensano minimamente a tutelare la biodiversità, spargono quantità inaudite di pesticidi, (o come amano chiamarli più poeticamente prodotti fitoterapici) anche a pochi metri dalle abitazioni dalle scuole o dagli ospedali e supermercati senza rispetto per la salute altrui. E’ chiaro che questo settore occupa molte persone ed è altrettanto chiaro che è un settore importante dell’economia del Veneto, ma da qui a pensare che il vignaiolo attui una sorta di “responsabilità sociale” perfino “puntigliosa” mi sembra quantomeno una forzatura. Parlo del Veneto perché qui diversamente da altre regioni il consumo dei prodotti “fitoterapici” è aumentato a parità di terreno coltivato…….

  2. #angeloperetti

    #angeloperetti

    Chi ha mai detto che il vignaiolo attua una puntigliosa responsabilità sociale? Io non l’ho detto nel mio articolo. Dico invece che è indubitabile che ogni sua azione abbia una rilevante ricaduta sociale e ambientale.

  3. zeno

    Esistono già delle modlaità di “fare impresa” legate al Bene Comune, che non si discosta molto dalla Responsabilità Sociale. Vi invito a visitare questo sito:
    http://www.economia-del-bene-comune.it/it/
    L’idea parte, come spesso accade, dal Nord Europa, ma sta prendendo piede anche in Veneto. Conosco una azienda vinicola veronese, associata FIVI, che ci sta già lavorando.

Non è possibile commentare