L’arte rustica del bevr’in vin

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Non resisto. Datemi una tazza di agnoli in brodo – il sorbir d’agnoli – e un bicchiere di Lambrusco Mantovano e io – zac! – ecco che verso il Lambrusco dentro al brodo. Si chiama bevr’in vin. Alcuni non lo sopportano. Per me è pura, rusticissima poesia. Poesia vernacola, d’accordo. Ma poesia.
Un bicchiere di Lambrusco Mantovano deve finire, irrinunciabilmente, nel brodo che accompagna gli agnoli serviti in apertura dei pranzi importanti. Questa qui è la ritualità del bevr’in vin, letteralmente del “bere nel vino”. Appartiene all’antica tradizione mantovana “correggere” il brodo con un po’ di Lambrusco, in modo da “negàr i caplét in d’l’àqua scüra”, ossia “affogare i cappelletti nell’acqua scura”.
Il brodo “corretto” col vino diviene d’uno strano, quasi inquietante colore bruno-violaceo. Non piace a tutti. Proprio per questo i vecchi usavano consumarlo in piedi, nella scodella, dando le spalle agli altri commensali.
Chi non si lascia suggestionare dalla tonalità, sappia che si tratta d’un piatto d’una piacevolezza incredibile, davvero capace di preparare lo stomaco alle autentiche ghiottonerie della più tipica cucina mantovana.
Amen.

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