Non è il vitigno che crea l’identità

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Non capisco l’ostinazione di chi continua a pensare al vitigno come l’elemento identitario di un vino. Chi beve Barolo cerca il Barolo, e magari i cru del Barolo: che sia fatto col nebbiolo è scontato, è un prerequisito. Idem per chi beve Borgogna: mica ci si sofferma sul pinot noir o sullo chardonnay. Eppure ci sono ancora moltissimi produttori, qui in Italia, che si concentrano sul vitigno, anziché sul territorio o sul terroir. Quel dato vitigno, quella data uva, può essere l’elemento che permette di interpretare meglio l’identità territoriale, e certamente in certi territori la selezione plurisecolare ha condotto a individuare un vitigno che meglio di altri consentono di offrire questa interpretazione, ma l’uva non è mai di per sé stessa l’elemento identitario. È uno strumento, è un mezzo. Perché quell’uva, quella stessa uva, la puoi coltivare in qualunque altra parte del mondo. Il territorio non lo puoi trasferire, la cultura stratificatasi nei secoli in quel territorio neppure.