Vini dolci in crisi: verso un Sauternes secco?

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Tempi duri per i troppo dolci. Sembra incredibile, eppure nell’epoca in cui il “gusto dolce” – o forse la “tendenza dolce” – prevale nel cibo e nel beverage, nei giorni nei quali trionfano anche commercialmente i vini che hanno fatto della vena più o meno sottile di morbidezza uno dei loro motivi identitari e di successo (si pensi all’Amarone, alla stessa svolta del Lugana, ai Riesling della Mosella), i vini che dolci lo sono interamente e per vocazione arrancano e arretrano. Non c’è niente da fare: il vino dolce, quello fatto da uve surmature o appassite, non va più. Un bel problema per chi sta in queste zone.
In Valpolicella la soluzione l’hanno trovata da anni: l’Amarone ha preso il posto del Recioto, soppiantandolo.
In Portogallo hanno guardato con sempre maggiore attenzione ai rossi secchi del Douro al posto del Porto, e sono così da poco risaliti sul tetto delle graduatorie mondiali.
Adesso, nella terra di uno dei più celebri vini dolci del mondo, a Sauternes, si sta pensando di puntare anche ai bianchi secchi. Non che lì non si possa fare del vino secco. Solo che se è secco non lo si può chiamare Sauternes. Ci sono, i bianchi secchi, da quelle parti, ma escono come Bordeaux Blanc. Ma c’è chi vorrebbe poter fare dei Sauternes secchi, cosa oggi non ammessa. Così, come leggo sulla Revue du Vin de Frace, si è costituita una commissione di studio apposta per esaminare la faccenda. C’è chi sostiene che non se ne parla neppure di abbandonare la tradizione dei bianchi dolci da uve botritizzate. Ma sarà l’assembea generale dei produttori che, in giugno, deciderà se andare avanti con la sperimentazione oppure no. E se la ricerca fornisse esito positivo, i primi Sauternes secchi potrebbero arrivare con la vendemmia del 2020.
Fantascienza?